Notizie riguardo alla vita dell'Associazione e altre segnalazioni.
L’Associazione degli ex-alunni del Liceo Ginnasio “A. Racchetti” - Crema ha invitato il professor Cesare Alpini a tenere una Lezione per ricordare i seicento anni dalla presentazione del progetto brunelleschiano sulla Cupola di Firenze. La conferenza si terrà mercoledì 18 aprile alle ore 16,00 nella sala Cremonesi del Museo Civico di Crema e del Cremasco.
Il professor Cesare Alpini, storico cremasco dell’arte, studia prevalentemente l’arte cremasca e lombarda. È considerato il maggior esperto di Giovan Battista Lucini, ma ha dato anche contributi allo studio di Giovanni da Monte e di Gian Giacomo Barbelli. Ha collaborato a diverse mostre d’arte tenute a Crema, tra le quali Pittura sacra a Crema dal ‘400 al ‘700 (1992), L’estro e la realtà (1997), Officina veneziana (2002) e Luigi Manini (1848-1936). Architetto e scenografo, pittore e fotografo (2007). Insegna storia dell’arte presso il liceo A. Racchetti di Crema di cui è stato allievo. Tra le numerose pubblicazioni si ricordano: La Basilica di Santa Croce a Crema (Silvana 1990), Pinacoteca di Brera: dipinti dell’800 e del 900. Scuola veneta (Mondadori Electa 1990), Giovanni da Monte.Un pittore da Crema all’Europa (Bolis 1996) e Carlo Casanova. L’ultimo dei romantici con Goffredo Colombani e Chiara Coppa (Ed. d’arte Severgnini 2004). Tra i diversi saggi in volumi collettanei si ricordano:Luigi Manini (1848-1936) pubblicato da Skira nel 2007 e Pittori e scultori cremaschi dell’Ottocento pubblicato dalla Tipografia Trezzi nel 2008.
“Chi mai [...] non lodasse Pippo architetto, vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti i popoli Toscani?”. Queste parole di Leon Battista Alberti dicono tutta la meraviglia e ammirazione dei contemporanei alla vista dell’enorme Cupola, la più grande in muratura – ancora oggi – mai costruita. La costruzione del Duomo o Cattedrale di Santa Maria del Fiore era stata iniziata nel 1296 da Arnolfo di Cambio, proseguita con vari ampliamenti nel corso del ‘300 a opera dei diversi architetti tra cui anche Giotto. A fine secolo era rimasto il problema della zona absidale da coprire. Nel 1418 fu indetto un concorso pubblico a cui parteciparono i maggiori ingegni dell’epoca tra cui Filippo Brunelleschi, nato a Firenze nel 1377, considerato il primo ingegnere e progettista dell’era moderna. Dopo un apprendistato come orafo e una carriera come scultore si era dedicato principalmente all’architettura costruendo a Firenze edifici laici e religiosi. Il concorso venne vinto dal progetto del Brunelleschi, che prevedeva due cupole concentriche tenute assieme da giganteschi archi di mattoni verticali e anelli di pietra e di legno orizzontali. Come i cerchi di una botte, questi anelli avrebbero impedito alla Cupola di cedere alle spinte laterali. Il genio di Brunelleschi aveva anche ideato macchine ingegnose per il sollevamento dei pesanti carichi dei materiali da costruzione e organizzato il cantiere in funzione delle esigenze delle maestranze sistemando cucine e servizi nell’intercapedine tra le due cupole. I lavori iniziarono nel 1420 e terminarono nel 1436. Alla sua morte, avvenuta dieci anni dopo nel 1446, Brunelleschi non lasciò né appunti né disegni esplicativi per cui ancora oggi gli esperti si interrogano sui metodi su cui aveva basato la sua arditissima soluzione.
L’Associazione degli ex-alunni del Liceo Ginnasio “A. Racchetti” - Crema ha organizzato per la serata di venerdì 23 marzo alle ore 21,00 la conferenza: L’enigma forte. Il codice della Divina Commedia. Relatrice sarà la prof.ssa Edi Minguzzi, formatasi alla scuola glottologica di Vittore Pisani, già docente di Teoria dei Linguaggi nella Facoltà di Medicina e Chirurgia e di Linguistica nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Statale di Milano, ora docente di Linguistica presso lo stesso Ateneo.
Noi ex-alunni Racchetti abbiamo già avuto modo di conoscere e apprezzare la professoressa il 13 gennaio scorso quando ha presentato il suo ultimo lavoro Dizionarietto di greco: le parole dei nostri pensieri scritto in collaborazione con il prof. Paolo Cesaretti nella Sala Cremonesi, gremita da un pubblico di studenti del Liceo Classico cittadino.
Oltre a svolgere un’intensa attività pubblica di seminari, convegni e conferenze in Italia e all’estero, è autrice di numerosi articoli, traduzioni, di due grammatiche greche e di diversi saggi sulla linguistica, sull’esegesi dantesca, con particolare riguardo agli aspetti testuali, metatestuali ideologici dell’epoca tardoantica e medievale. Nei due libri che ha dedicato all’opera di Dante, La struttura occulta della Divina Commedia e Lo schema neoplatonico e la struttura della Divina Commedia, l’autrice, grazie alle profonde competenze linguistiche, riesce ad aprire la strada a una nuova lettura del poema e del linguaggio dantesco, fornendo le chiavi interpretative per decifrarne il complesso sistema di relazioni logico-simboliche. Queste relazioni in genere sfuggono al lettore moderno, estraneo al sistema culturale medievale, che aveva operato una sintesi "inestricabile" di platonismo, aristotelismo, neoplatonismo e cristianesimo. Si tratta quindi di fare un viaggio affascinante attraverso la cultura dantesca, alimentata da scienza, fede e magia, fortemente segnata dal linguaggio cabalistico, astrologico, ermetico e alchemico. L’Autrice inoltre cerca di riportare alla luce la struttura unica delle tre cantiche, deliberatamente occultata dal poeta nel quadro delle sue concezioni filosofiche. In tal modo vengono ridiscussi e reinterpretati episodi e figure chiave del poema, come Matelda, o le misteriose trasmutazioni della settima bolgia. In conclusione la struttura della Commedia ritrova nella suggestiva e documentatissima ipotesi di Edi Minguzzi una coerenza e una logica interna dove tout se tient.
Curriculum
Edi Minguzzi insegna Lingua greca all’Università Statale di Milano. Glottologa allieva di Vittore Pisani, ha pubblicato saggi sulle intersezioni storico-culturali sottese alla comparazione linguistica, dalle radici indoeuropee (Nomi e Numi. Lineamenti di antichità indoeuropee, Milano 2000) alla tarda antichità. Sensibile alla didattica del greco (Imparare il greco. Grammatica e Lessico di base, Milano 2012) ha altresì pubblicato saggi di linguistica (L’idea di Struttura, Milano 2002; Codici e Comunicazione, Milano 2003) e semiologia (La parola e la frase. Corso di semantica, con R. Giacomelli, Roma 2007).
Sabato 10 febbraio 2018, alle ore 10,30 nella sala Cremonsi del Museo Civico di Crema e del Cremasco si terrà la seconda conferenza dell'anno: l’Associazione degli ex alunni del Liceo Ginnasio “A. Racchetti” - Crema, in occasione del bimillenario della morte di Publio Ovidio Nasone (Sulmona, 43 a.C. - Tomis, 17 d.C.) appena trascorso, ha invitato il prof. Luigi Galasso (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) ha tenere una conferenza sugli ultimi anni del poeta latino.
Un amore travolgente per la letteratura: ecco il segno sotto il quale si colloca l’esperienza ovidiana, che dà vita ad un’opera che, pur dispiegandosi nel corso di parecchi decenni, si configura come molto organica, molto caratterizzata nel senso della continuità. Un elemento fortemente caratterizzante è la costante autoriflessività, il costante gioco con i meccanismi della letteratura. Ovidio ci pone sotto gli occhi il funzionamento di quel complesso marchingegno che è il genere letterario, ce lo smonta, ce lo rimonta, ce lo manipola e ce lo riavvia. È letteratura ‘con’ e ‘attraverso’ la letteratura.
Questo modo di procedere con l’esilio non cambia. La condanna -propriamente alla relegatio: a Ovidio era imposto il confino in una località ai limiti dell’impero, ma conservava la cittadinanza romana e anche il suo patrimonio- è un evento devastante nella vicenda biografica di colui che era il poeta di maggior successo della capitale del mondo. Ignoriamo i motivi che ne sono all’origine. Ovidio parla di un suo error, che non precisa meglio, e poi aggiunge che una seconda sua colpa è stata aver composto l’Ars amatoria. Quanto è reticente a proposito dall’error, tanto Ovidio si diffonde nell’apologia del poema. In ogni caso finisce per trascorrere lunghi anni a Tomi, sulle sponde del Mar Nero, dove è morto 2000 anni fa.
Anche in esilio Ovidio applica il medesimo assunto che era alla base della produzione degli elegiaci: la poesia è un riflesso diretto della vita. Pertanto -per fare un esempio tra i più eclatanti dell’applicazione consequenziale di questa regola- procede ad elencare i difetti delle sue opere che derivano immediatamente dalla sua condizione di infelicità. La vita è monotona: così la poesia; la vita è genericamente brutta: la poesia non potrà essere diversa. La scadente qualità dei versi che viene dichiarata dall’autore stesso è una metafora della sua esistenza, e dobbiamo riconoscerla come tale, senza ritenere, come molti critici poco simpatetici, che possa essere una dichiarazione di colpevolezza e consapevolezza della scarsa qualità di quanto compone.
Poesia con e attraverso la poesia. Ad esempio: l’ambiente in cui l’esule si trova, a Tomi, ha naturalmente i suoi caratteri reali, che però sono trattati secondo le regole che governano il cosmo della letteratura, e il poeta è nel contempo autore e personaggio. Per dare voce ad una realtà nuova, la poesia dell’esilio propone una configurazione nuova dell’universo letterario, un processo che avviene con i meccanismi delle opere precedenti, in particolare dell’elegia, dagli Amores alle Heroides. Il poeta acquisisce lo statuto di personaggio mitico, protagonista dell’epica e della tragedia, e viene sollevato nella sfera di un’umanità superiore. Rispetto però agli eroi antichi egli si pone addirittura in una posizione di superiorità, dato che nessuno ha sofferto quanto lui. In questa ridefinizione dei confini del reale vengono svelati i meccanismi che regolano le vicende dei personaggi della letteratura, così come già il progetto poetico degli Amores contemplava il gioco con le regole del mondo elegiaco e l’intento di renderne evidente il funzionamento.
Le opere dall’esilio, però, hanno anche grande ricchezza e complessità, e vi sono alcuni componimenti in cui la poesia è affrontata con un tono di disincanto, momenti in cui trova espressione un profondo disinganno. Ovidio risente moltissimo della sua solitudine e della mancanza del suo pubblico di lettori affezionati, e anche le Muse, che sono state all’origine della condanna, possono offrire soltanto una consolazione fredda, inefficace. Certo, lo studioso non può valutare la sincerità delle singole affermazioni, ma soltanto come l’autore costruisca il proprio personaggio. Nemmeno lo studioso però deve essere costretto a non sentire il senso di inanità che viene a quest’uomo dalla mancanza di alcuna eco per le migliaia di versi che ha mandato in una patria lontana e che mai più rivedrà. Non a caso, nel bene e nel male, questa poesia ha suscitato reazioni forti e, ricordiamolo, è stata un modello potente per autori, grandissimi, che l’esilio lo hanno sperimentato in prima persona, da Seneca a Brodskij. La costruzione letteraria che sembra facile da sezionare e scomporre, alla fine, lascia intatto un denso nucleo di irrisolta umanità, nel quale ogni lettore finisce per ritrovare un’immagine di sé. Forse è proprio questa l’ultima metamorfosi ovidiana.
Curriculum
Luigi Galasso è stato allievo del corso ordinario e di perfezionamento della Scuola Normale Superiore di Pisa. Per dieci anni è stato ricercatore di Lingua e letteratura latina presso l’allora Facoltà di Magistero dell’Università di Trieste. Nel 2001 è divenuto professore associato presso l’allora Facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia - sede di Cremona. Dal 2015 è professore ordinario di Lingua e letteratura latina presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore - sede di Milano.
Si è occupato di Ovidio (della poesia dell’esilio e delle Metamorfosi), della tragedia latina arcaica, di Ennio, di Levio, di Seneca, della storia della filologia tedesca tra Ottocento e Novecento, e ha tradotto alcuni libri dell’opera di Tito Livio.
Dirige la rivista “Aevum Antiquum”.
Le pubblicazioni principali sono il commento al II libro delle Epistulae ex Ponto (P. Ovidii Nasonis, Epistularum ex Ponto liber II, a cura di L. Galasso, Biblioteca Nazionale - Serie dei Classici Greci e Latini: testi con commento filologico, Le Monnier, Firenze 1995), opera che poi ha tradotto e commentato nel suo insieme (Ovidio, Epistulae ex Ponto, a cura di L. Galasso, Mondadori, Milano, 2008), e il commento a tutte le Metamorfosi di Ovidio (P. Ovidio Nasone, Le metamorfosi, traduzione di G. Paduano, commento di L. Galasso, Biblioteca della Pléiade, Einaudi-Gallimard, Torino, 2000). Ha tradotto e annotato anche tre libri di Livio (Tito Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, volume X (libri XXXVI-XXXVIII), traduzione e note di L. Galasso, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1997).
Sabato 13 gennaio 2018, alle ore 10,30 nella sala Cremonsi del Museo Civico di Crema e del Cremasco si terrà la prima conferenza del nuovo anno organizzata dalla nostra Associazione, in collaborazione con l’A.I.C.C. (Associazione Italiana di Cultura Classica) sezione di Codogno - Crema, in orario mattutino per consentire la partecipazione degli studenti delle scuole medie superiori.
Verrà presentato il Dizionarietto di Greco di Paolo Cesaretti - Edi Minguzzi, pubblicazione che “vuole sottolineare, e avvalorare su base storica e critica, la portata innovativa della lingua greca, radice viva e rigogliosa che produce sempre nuovi germogli”.
Il Dizionarietto contesta dunque il cliché del greco come lingua morta e, lungi dal presentarsi come sussidio scolastico o come strumento per soli eruditi, include nei suoi 400 lemmi (da accademia a zoologia) non solo i termini che provengono dalla tradizione dell’umanesimo classico, ma anche i neologismi che hanno caratterizzato evoluzioni e rivoluzioni degli ultimi secoli (da psicanalisi a cinematografo a cibernetica).
Infatti, come scrivono gli autori, “il greco antico dà forma e sostanza linguistica a tutto ciò che la civiltà volta a volta produce di nuovo”.
Di ogni lemma considerato il Dizionarietto presenta l’etimologia, la fortuna culturale, gli esiti spesso paradossali e perfino divertenti nella lingua comune (come Epifania che diventa Befana), le curiosità e l’uso, con citazioni di passi greci proposti in originale e muniti non solo di traduzione, ma anche di trascrizione, per agevolare la lettura a chi proviene da percorsi di formazione estranei a quell’unicum della cultura europea moderna che è il nostro liceo classico.
Nell’ottica prescelta dagli autori il corpo delle parole della lingua greca appare come un prisma che irradia in un gioco di composizioni e ricomposizioni la pluralità originaria dei significati, fornendo al lettore uno strumento prezioso per diventare padrone della sua lingua.
Curricula relatori
Paolo Cesaretti insegna Letteratura greca, Civiltà bizantina e Storia romana all’Università di Bergamo. Studioso di formazione storico-filologica, si è particolarmente dedicato all’epoca bizantina, privilegiando la tradizione filologica e la ricezione dei testi classici, la storiografia, l’agiografia e i rapporti con l’Occidente medievale. Ha pubblicato edizioni critiche e testi di scavo, saggi monografici, articoli eruditi, traduzioni e curatele nonché biografie storiche. Tra le sue pubblicazioni più recenti Le quattro mogli dell’imperatore (Milano 2015) e Testo agiografico e orizzonte visivo (con B. Hamarneh, Roma 2016).
Edi Minguzzi insegna Lingua greca all’Università Statale di Milano. Glottologa allieva di Vittore Pisani, ha pubblicato saggi sulle intersezioni storico-culturali sottese alla comparazione linguistica, dalle radici indoeuropee (Nomi e Numi. Lineamenti di antichità indoeuropee, Milano 2000) alla tarda antichità. Sensibile alla didattica del greco (Imparare il greco. Grammatica e Lessico di base, Milano 2012) ha altresì pubblicato saggi di linguistica (L’idea di Struttura, Milano 2002; Codici e Comunicazione, Milano 2003) e semiologia (La parola e la frase. Corso di semantica, con R. Giacomelli, Roma 2007).